“Figura teorica: il paesaggio come sintassi dell'architettura”
Analisi e recensione di due dissertazioni sul rapporto paesaggio e architettura prodotte nel Dottorato di Ricerca in Composizione Architettonica presso la Facoltà di Architettura dell'Università La Sapienza di Roma
di Fiamma Ficcadenti
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“La
dimensione paesaggistica dell'architettura nel progetto
contemporaneo” è il titolo della dissertazione dottorale in
Composizione architettonica della prof.ssa Paola Gregory, attualmente
professore associato presso il DAD -
Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino e
Membro effettivo del Collegio di Architettura, discussa nel 1995
all'Università La Sapienza di Roma (tutor: prof. Fausto Ermanno
Leschiutta, prof. Roberto Secchi) e successivamente edita dalla
Laterza nel 1998.
“Pensare
a una dimensione paesaggistica dell'architettura significa cercare di
definire un metodo ermeneutico dell'architettura attraverso la
metafora del paesaggio.”1
Con
un incipit in medias res,
l'autrice
pone il lettore davanti all'oggetto della sua ricerca:
declinando il paesaggio quale dimensione dell'architettura, definire
un nuovo strumento critico e operativo per la sua lettura e
interpretazione e ciò avviene ponendo, allo stesso tempo, il
paesaggio come orizzonte fenomenologico dello spazio e come
“rappresentazione di un modo di rappresentare il reale”, dunque
esprimibile come metafora nel progetto di architettura.
La
dissertazione si presenta come un testo molto complesso. A
un'impalcatura fortemente teoretica, che pone al centro l'indagine
sui meccanismi conoscitivi della realtà attraverso l'esperienza
dell'architettura in relazione al paesaggio, condotta con gli
strumenti della ricerca filosofica, è intrecciata con estrema
coerenza la disamina del progetto di architettura in cui emerge il
punto di vista da architetto dell'autrice.
Delineato
il quadro generale interpretativo del concetto di paesaggio, inteso
come insieme dei fenomeni e dei processi naturali ed umani
dall'istanza ecologica e come relazione estetico-percettiva tra uomo
e natura dall'istanza fenomenologica, l'autrice riconduce il discorso
sulla dimensione paesaggistica dell'architettura a questo secondo
approccio che pone l'accento sul carattere estetico e mentale
del paesaggio, definendolo, da un lato, come configurazione
del territorio - aspetto e immagine dell'ambiente che ci circonda -
dall'altro come sua rappresentazione - rielaborazione
intellettuale del soggetto, posto in un rapporto dialettico con
l'ambiente che esperisce.
Lo
scopo della dissertazione è di fornire un nuovo modello
interpretativo e, dunque, ermeneutico più ampio dell'opera di
architettura, che sia in grado di andare oltre la matrice
forma-funzione, introducendo nella lettura del progetto l'orizzonte
del paesaggio nelle due dimensioni antitetiche
di mondo fisico e di mondo fenomenico, di cui l'architettura risulta
essere il luogo della sintesi.
L'elemento
di innovazione come categoria interpretativa dell'opera
architettonica che viene introdotto è il concetto di metafora
del paesaggio , come nuovo modo di
manifestarsi dell'architettura, ovvero l'idea che l'architettura
possa 'ereditare' il significato del paesaggio quando questo, in
relazione dialogica con il soggetto da cui non può trascendere, si
pone come catalizzatore, attivatore o interprete delle forme dello
spazio progettato.
Questo
assunto teorico, fondativo della dissertazione, viene dimostrato
attraverso la tematizzazione di quattro differenti modalità
estetiche e operative per cui l'architettura si dà come metafora del
paesaggio. Attraverso la rilettura di opere emblematiche di
architetti contemporanei e di esperienze artistiche che esplicitano
questa connessione, vengono analizzate le seguenti relazioni
architettura-paesaggio: la dimensione figurativa, per cui
l'architettura si conforma a partire dall'esperienza percettiva del
luogo in cui si inserisce, 'costruendo' lo spazio intorno a sé e
'segnificandolo' in modo da renderlo leggibile e, pertanto,
conoscibile al soggetto come paesaggio; l'interpretazione analogica,
per cui l'architettura diventa una 'cassa di risonanza' per il
paesaggio che 'riverbera' nel movimento di volumi che si scompongono
o nella luce narrativa che disegna lo spazio ; il ruolo evocativo,
secondo cui l'architettura entra in contatto con il soggetto
attraverso il dato simbolico del paesaggio, generando una percezione
emotiva; il fondamento 'formativo', che lega architettura e paesaggio
nella loro capacità di costruire conoscenza dello spazio, quando per
conoscenza intendiamo kantianamente il processo del 'dare forma' a
ciò che esperiamo.
La
metafora del paesaggio, pertanto,
rappresenta il campo in cui si esprime da un lato l'immanenza del
soggetto e dall'altro la coessenzialità dell'architettura e del
paesaggio che, in ultima analisi, viene indagata attraverso tre
aspetti della dimensione compositiva: il tema della luce, come 'voce
narrante' dell'evento architettonico e fondamento dell'esperienza
percettiva; il principio del movimento, sia esso continuo o
discontinuo, della forma o del soggetto, che consente l'apprendimento
dello spazio da parte dell'individuo attraverso la sua corporeità;
la relazione delle parti con l'insieme, intendendo l'architettura
come momento sintetico dell'esperienza del paesaggio inteso come
palinsesto, “trama”, di elementi ordinati dal soggetto della
percezione.
E'
in questa conclusione il momento
della sintesi della dialettica
architettura-paesaggio, “figura-sfondo”.
E'
attraverso l'operare e il manipolare dell'architetto che per
l'autrice si genera quel campo di relazioni tra soggetto e paesaggio.
E' nell'architettura e nello spazio finito
che genera che si invera la nostra appartenenza al mondo infinito
che ci circonda.
2
In
relazione al tema del rapporto uomo-natura-architettura e del
carattere interpretativo che il paesaggio può avere dell'opera
architettonica sintetizzando un palinsesto di materiali eterogenei,
dai segni naturali a quelli umani, e di istanze molteplici, si è
scelto di analizzare, come seconda dissertazione, “Forme del suolo
e calligrafie architettoniche. Figure tettoniche come matrici
morfogenetiche del progetto”, di Valeria Sassanelli, discussa nel
2007 (tutor: prof. Piero Ostilio Rossi, prof. Manuel Gausa).
L'autrice,
architetto e vice presidente dell'associazione Tevereterno onlus,
affronta il tema specifico dell'architettura
landform, ovvero, quel modo di
operare l'architettura attraverso tecniche compositive che attingono
al panorama figurativo delle modellazioni naturali del suolo.
Quindi,
se nella tesi della Gregory abbiamo affrontato il discorso sul
paesaggio come dimensione interpretativa e operativa
dell'architettura in termini di metafora, in questa tesi il paesaggio
assume un ruolo centrale per il suo porsi come processualità e
matrice della forma del progetto, nel caso particolare di
un'architettura 'geografica' come quella landform.
La
dissertazione è articolata in due volumi: il primo costruisce
l'orizzonte teorico a supporto della tesi, inquadra e problematizza
la questione; il secondo, si presenta nella forma di un atlante delle
architetture
landform
che,
sulla base di una tassonomia mutuata dalla geografia terrestre,
classifca numerose opere di architettura sulla base del riferimento
morfo-geografico che le ha informate.
L'obiettivo
della ricerca, corroborato da un nutrito apparato di progetti
analizzati, si sostanzia nel suggerire che l'architettura landform
possa prefigurarsi nel futuro come uno degli approcci più validi al
progetto urbano alla vasta scala così come al micro-intervento, per
la sua maggiore capacità di risignificare i “luoghi incerti,
dilatati e senza identità della città dispersa”2
rispetto al progetto tradizionalmente inteso nella modernità e nella
contemporaneità, nella sua essenza specifica di architettura
prodotto del contesto fisico e insediativo che la determina. In
questo senso, per l'autrice il progetto landform,
sulla base di un approccio
topografico, lavorando su strategie progettuali basate sulla
costruzione di relazioni e sistemi di spazi, è più efficace nel
formulare risposte adeguate ai complessi interrogativi posti
dall'urbanità contemporanea.
Uno
dei concetti orginali, che è posto in essere dalla ricerca e ne
persegue lo scopo, emerge nel titolo della tesi ed è l'idea di
un'architettura espressa come 'calligrafia'. Seppur non riaffrontato
all'interno del corpus della ricerca con questo termine, l'idea che
esprime è il filo rosso che guida la dissertazione.
Per
l'autrice la 'calligrafia architettonica' è la capacità del
progetto di porsi come segno proprio
di un territorio, interpretazione personale
di un luogo specifico,
in netto contrasto con la frequente spersonalizzazione del linguaggio
architettonico contemporaneo e l'a-specificità di molti interventi
realizzati. E' tramite questa calligrafia
che si scrive la sintesi dello
spazio-paesaggio in una visione, proposta dall'approccio landform,
continua e pervasiva della forma
architettonica che diviene “superficie topologica”3
dal forte impatto figurativo, legittimato dalla forma del contesto
che la genera.
3
La
scelta di queste dissertazioni è stata determinata, in primo luogo,
da un interesse di natura personale per il paesaggio e il ruolo che
assume nella dimensione progettuale come materia di lavoro, referente
culturale, matrice generativa dello spazio e come pentagramma che
dispone di alcune delle chiavi interpretative della composizione
architettonica. In secondo luogo, la scelta di tale argomento è
stata indirizzata dal riconoscere che la questione del paesaggio è
tra gli argomenti che negli ultimi anni ha alimentato in maniera più
feconda il dibattito architettonico, sia quello teorico sia quello
legato alla prassi progettuale e, pertanto, ho ritenuto fosse di
estremo interesse indagare come fosse stato affrontato nel
lunghissimo percorso di ricerca portato avanti negli ultimi 30 anni,
all'interno del dottorato in Composizione architettonica.
La
tesi sulla dimensione paesaggistica del progetto della Gregory è la
prima ricerca prodotta all'interno del dottorato che affronti in
maniera sistemica il problema paesaggio-architettura. Era il 1995 ed
eravamo a Roma, lo stesso anno, dall'altra parte del mondo, all'RMIT
di Melbourne, veniva usata per la prima volta la parola Landscape
Urbanism per
intendere una nuovo e rivoluzionario modo di approcciare
alla
città contemporanea e alla sua riproduzione,
consacrato
dall'omonima mostra tenutasi a Chicago nel 1997, curata da Charles
Waldheim. Questa nuova visione di urbanismo ha agito da acceleratore
per un significativo filone della ricerca architettonica, rendendo
sistemico il campo di analisi del problema architettura-paesaggio
anche a livello urbano.
Ancorchè
affrontato assumendo punti di vista differenti non riconducibili
prospetticamente allo stesso punto di fuga e con esiti e obiettivi
diversi, l'orizzonte indagato dalle due tesi è il medesimo: il
paesaggio è dimensione complessa dell'architettura e nel paesaggio
essa trova ragione del suo essere 'sistema', insieme di relazioni in
cui il soggetto agisce il suo 'esserci' e non 'fatto' dato in
una dimensione statica dello spazio e del tempo e dunque agibile solo
passivamente. E questo, a mio avviso, risulta essere un contributo
estremamente interessante nella teoria architettonica contemporanea.
L'architettura come sistema aperto si presta, nella sua dimensione
profondamente relazionale e - dunque - paesaggistica, ad essere
indagata attraverso gli strumenti propri della complessità che
è l'essenza del mondo contemporaneo e nuovo paradigma interpretativo
della sua conoscenza.
In
questo senso, la diade paesaggio-architettura può essere la stele di
rosetta per la lettura di un mondo contemporaneo che è una Babele,
caos di segni, di spazi e di realtà.
Ed
è in quest'ottica che ritengo le dissertazioni analizzate
assolutamente attuali e inserite in un filone della ricerca che trova
ancora un campo aplissimo di indagine teorica e progettuale.
Per
la contemporaneità, il rapporto architettura-paesaggio è cogente,
il rapporto architettura-paesaggio è urgente, il rapporto
architettura-paesaggio è necessario.
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Intervista
a Paola Gregory
- Perchè una tesi sul paesaggio?
- Se oggi, a distanza di quasi 20 anni dalla pubblicazione della sua tesi, le chiedessero di aggiungere un capitolo al libro di cosa parlerebbe?
- C'è qualcosa che cambierebbe della tesi che ha scritto?
- La sua tesi ha posto al centro del terreno di gioco paesaggio e architettura. Nel dibattito attuale, possiamo dire che troviamo sullo stesso terreno città e paesaggio forse in maniera preponderante, secondo una logica che a mio avviso la sua tesi suggeriva (il discorso sulla sovversione “figura-sfondo”; l'importanza del progetto architettonico come progetto di relazioni e non di soli copri architettonici; etc.). Da questa premessa, mi interessava sapere da lei se la metafora del paesaggio, da lei analizzata in relazione all'oggetto architettonico trova una declinazione anche in rapporto alla città; può essere la metafora del paesaggio, secondo le categorie da lei descritte, adatta all'interpretazione della città contemporanea rispetto al paesaggio?
1P.
GREGORY, La dimensione paesaggistica dell'architettura nel
progetto contemporaneo, Laterza, Roma, 1998, p.3
2V.
SASSANELLI, Forme del suolo e calligrafie architettoniche,
Roma, 2007, vol. I, p. 8
3V.
SASSANELLI, Op.cit., vol.I, p. 69